Giovanna Riu

Per Anita D’Orazio è la forma il vero contenuto dell’opera d’arte, quella forma la cui originalità è già pensata nella tecnica dell’imprimitura della tela, al modo antico, dove gesso polvere di marmo, colla di coniglio, biacca….sono alcuni degli ingredienti. Poi è l’intonaco che vi si appoggia, scabroso e teso a seconda delle inclusioni ed, infine, l’affresco che dà colore. La simulazione riguarda quei muri che reggono insieme alla loro fisicità, le tracce del tempo e della meteorologia, della storia e della memoria, complici l’incisione dei graffiti: la trasformazione e la confusione delle parole scritte, la stratificazione delle carte dei manifesti. Ma quello che più attira è lo strappo, la lacerazione di quelle carte che erano pubblicità, informazione. Quello che si va a trovare oltre e sotto. I ritrovamenti finiscono per essere ancoraggio, seduzione e sicurezza. Si affaccia, negli intonaci di A.D’Orazio, una singolare sinopia: è l’immagine della figura umana, segno e nostalgia di qualcosa che sembrava perduta.